giovedì 29 gennaio 2015

Femminicidio e Femminilicidio molto più di un gioco verbale












Femminicidio e Femminilicidio: : molto più di un gioco verbale 

A causa del reiterarsi di atti di violenza sulle donne - dai maltrattamenti, allo stalking, allo stupro, fino all’uccisione - è stato coniato un termine forte, femminicidio, neologismo di origine inglese che identifica la violenza estrema come “delitto di genere” in quanto commesso contro la donna   “in quanto donna”, secondo la definizione dell’antropologa M. Lagarde.
Il  termine ha sottolineato  e sancito  la gravità della violazione dei diritti delle donne,  facendolo  riconoscere nel diritto umanitario  internazionale;  focalizzando anche linguisticamente l’attenzione sul problema,   ha favorito il passaggio  dalla denuncia sociale al riconoscimento giuridico.
La violenza diversificata sulle donne e il femminicidio sono fenomeni tragicamente estesi a livello planetario. Solo in Europa si contano migliaia di casi, e così in  Italia, dove nell’ultimo decennio la media delle uccisioni è  stata molto alta. Ciò che rende il fenomeno ancor più raccapricciante è il suo verificarsi  in un  contesto familiare o affettivo, e l’età delle donne,  tra i 25 e i 54 anni. L’omicida è spesso un familiare stretto,  coniuge, partner o  ex partner,  che agisce alla fine di un rapporto sentimentale, o in tempi di poco  successivi.  
E se di estrema  gravità è la situazione femminile in culture  “lontane”, accomunate da fanatismi  politici e religiosi, regimi dittatoriali, rigore  autoritario,  dove la padronanza dell’uomo sulla donna è assoluta e il diritto di vita o di morte è addirittura sancito dalla legge - non possiamo  poi non sbalordire di fronte al  paradosso di un Occidente in cui la persistenza del problema  risulta ancora più grave e preoccupante,  proprio per il contrasto  tra il preteso livello culturale  e civile e la triste realtà ... Essì,  perchè  il fenomeno è esteso a  paesi della cui “civiltà” non dovremmo dubitare, come Francia, Regno Unito,  Germania, Italia e .. Stati Uniti d’America!

Basilicata
Purtroppo la nostra regione  non  è esente dalla violenza  di genere:  vanta  anzi  un triste primato, quello dell’ampia nomea di alcune delle  vicende più tragiche, come quella di Elisa Claps, nota a livello  internazionale. La studentessa 16enne scomparve nel ‘93, e  solo 17 anni dopo se ne scoprirono i  resti nel sottotetto di una chiesa a Potenza. Per l'omicidio è stato condannato a 30 anni di reclusione Danilo Restivo,  ma le indagini continuano, per i dubbi  degli investigatori su presunti silenzi nell'ambiente ecclesiastico locale.
Il caso più  datato e  irrisolto è quello di  Ottavia De Luise, una bambina di 12 anni, sparita  nel nulla nel ‘75 a  Montemurro.  A quel tempo  non vennero attivate  neppure delle vere indagini,  e si parlò addirittura della piccola come di  “una poco di buono”. Nessuno fu indagato, nessun magistrato si occupò della scomparsa, fino all'archiviazione del caso.
C’è poi un delitto annunciato ma  non impedito. Anna Rosa Fontana, 38 anni, materana,  già assalita dal “suo uomo” nel 2005, sopravvissuta a 15 coltellate,  non venne protetta da un 2° attacco dell’ex-convivente, che,  rilasciato  dopo soli 2 anni - seguiti  da molestie, minacce, vane denunce - la  uccise nel 2010. Nemmeno la  legge sullo stalking  riuscì a fermare la mano assassina dell’uomo, condannato  poi a 30 anni.
Nel 2009, fu una ragazza di 18 anni di Potenza,  Grazia Gioviale, ad essere  trucidata durante un litigio per motivi di gelosia dall’uomo con cui aveva una relazione, e che in seguito si suicidava.












Alla ricerca di soluzioni  
Si invocano leggi più severe,  provvedimenti atti a proteggere la donna, codici rosa …Tutto questo è  indispensabile,  almeno per  affrontare la situazione presente, per arginare la piena dell’orrore: tuttavia, nulla di tutto ciò  è sufficiente per  una soluzione  definitiva, e neanche delle leggi molto più punitive riuscirebbero  a risolvere un  problema  di planetaria tragicità.

Ci dobbiamo rendere conto che  occorre  un mutamento culturale, un cambio radicale della mentalità comune!

Proviamo a partire  da   una breve riflessione sulle motivazioni  che “portano” al  femminicidio. Cosa c’è alla base di quest’odio, di questa violenza, se non  il desiderio - da parte di  un maschile  profondamente malato - di avere il  possesso, il controllo sulla donna?
In verità, ciò  è avvenuto in tutto il tempo storico, ed ancor oggi una cultura  non sufficientemente equilibrata produce uomini facili alla paranoia, non disposti a  dare rispetto  né protezione, né  a capire il vero significato dell’Amore, che mai può essere potere, costrizione,  uso della forza, desiderio di annientamento di un altro essere.. compresi se stessi e  gli stessi figli, spesso  coinvolti nella follia distruttiva.
Ma  c’è di peggio: ci rendiamo conto che  la violenza non si dirige “solo” contro la donna, ma è sempre più un attacco generalizzato  contro il  Principio della Vita,  di cui il femminile  è portatore!
Invece di onorare il Valore  che ciascuna creatura femminile  condivide,  e da cui dipende il  futuro di ogni specie vivente, nel 3° millennio   si abusa della donna e del suo corpo con la stessa feroce noncuranza con cui di abusa dell’habitat. Lo stupro della donna  e quello della terra  avvengono in contemporanea. Queste considerazioni  mi hanno  spinto a coniare  un termine ancora più complesso rispetto a femminicidio,  inclusivo  di quella terribile doppia violenza:   il FEMMINILICIDIO®: esso ci fa capire che è  in gioco  la sopravvivenza stessa del genere umano e del pianeta vivente.
Non si tratta di un gioco linguistico, dal momento che il termine dichiara l’attentato di una parte insana del genere umano a sé stesso: distruggendo la femmina che  porta nel suo ventre le generazioni,  le nutre e se ne prende cura da secoli;  distruggendo  l’ambiente in cui vive  e che gli permette di vivere,
di respirare, dissetarsi,  nutrirsi,  e di godere della bellezza, se lasciato intatto e incontaminato.
Paradossalmente, quello stesso principio necrofilo, basato sulla    pratica costante e mitizzata della guerra   e della  violenza, dopo aver dominato  per  i circa 5.000 anni storici,  oggi sembra essersi concentrato  in una sorta di  mostruosa cristallizzazione  -  continuando a generare  ancora  guerre,  corruzione politica  e sociale,   un’economia malata,   e  l’agghiacciante  distruzione del pianeta.
  
Un tragico presente,  un passato esemplare  





L’antica civiltà minoica, una cultura della pace e dell’armonia

Se “la storia” c’insegna che la guerra e la violenza sono esistite da sempre,  che sono connaturate al genere umano, che possiamo fare?
La gravità della situazione ci porta a chiederci se ciò sia vero, o se non siano esistiti modi  di vivere meno deleteri,  che possano essere d’esempio  per  un mondo in  cui la pace, il rispetto e la cura della vita siano predominanti,   offrendo una  speranza a noi umani di oggi.
Proviamo a dare uno sguardo al passato più remoto, pre-istorico, poco o niente segnalato dalla storia ufficiale! Scopriremo  che  nell’Antica Europa, all’incirca tra il 7000 a.c e il 3-2500 a.c,  la società era  organizzata sulla base di valori egualitari tra uomini e donne (gilania), e solo in un secondo tempo – si parla di molti millenni -  una serie di ondate migratorie proveniente dal sud della Russia, ad opera di popoli indoeuropei chiamati Kurgan, imposero un modello androcratico e autoritario (il patriarcato).
Fu la meritoria studiosa Marija Gimbutas  a scoprire con i suoi ritrovamenti archeologici  le prove concrete di una modalità pacifica alle origini dell’umanità: "Tale cultura trasse intenso piacere dalle meraviglie naturali di questo mondo. La sua gente non produsse armi letali, né costruì forti in luoghi inaccessibili - come avrebbero fatto i successori - neppure quando conobbe la metallurgia. Eresse invece magnifiche tombe-santuari, templi, case confortevoli in villaggi di modeste dimensioni e creò superbe ceramiche e sculture. Fu questo un periodo di notevole creatività e stabilità, un'età libera da conflitto". 1)
La sua rivoluzionaria scoperta distrugge la tesi dell’esistenza ab origine della  guerra e della violenza come connaturate all’essere umano.
Anche la civiltà minoica  possedeva tali caratteristiche,  ed in tutte le  più antiche e misconosciute civiltà matrilineari le donne erano rispettate e divinizzate, proprio perché incarnavano  quel principio della Vita  che permetteva al genere umano di perpetuarsi: ed era il neolitico!                                                                                                                                            “Nelle  splendide immagini degli affreschi  della civiltà cretese sopravvissuti ai cataclismi che ne determinarono la scomparsa, è possibile vedere chiaramente  quanto elevata  fosse la considerazione delle donne: sacerdotesse, tessitrici, creatrici di alta moda, alla guida di carri e  capaci persino di toreare insieme ai maschi, in  modo incruento, nel gioco della taurocapsia  … Oggetto di rispetto come  rappresentanti in terra della divinità, esse potevano andare in giro in topless, mostrando il loro seno e l’ombelico come segni di bellezza e fecondità, e come tali,  intoccabili da violenza e sopraffazione, dal momento che il loro corpo era considerato sacro”. 2)
Di fronte alle prove dell’esistenza di civiltà  che si espandevano   in bellezza e pace, come nei ritrovamenti dell’Antica Europa e nelle immagini mitologiche di Creta, c’è il riconoscimento  del Principio della vita, del Valore femminile e della nostra unità con la Terra: tutto ciò a cui dobbiamo  fare ritorno  per la sopravvivenza ecologica e dell’umanità, e   per cancellare definitivamente  dal nostro vocabolario termini come femminicidio e femminilicidio.
Teri Volini, Artista biofila, operatrice culturale, presidente Centro d’Arte e Cultura Delta di Potenza
Nota 1) Marija Gimbutas,  Il Linguaggio della Dea, Longanesi,1989
Nota 2) Teri Volini, Il modo di vestire delle nostre antenate. Delta Edizioni, 1996




Nessun commento:

Posta un commento