mercoledì 29 aprile 2020

Dedicato a Marija Alseika Gimbutas - testo per Le Parole delle donne



Nel 1° anniversario della intitolazione di uno spazio verde
a  Gimbutas  nella città di Potenza
2019 Talenti Lucani https://www.talentilucani.it/toponomastica-femminile-intitolazione-a-marija-gimbutas


esce per Le Parole delle Donne su FB  il mio testo  sul coraggio delle donne Dedicato a Marija Alseika Gimbutas 



La memoria che aiuta il futuro


di Teri Volini

Una preziosa presenza

Nel corso della nostra vita sono tante le vicende, le persone, le letture e le immagini che concorrono alla nostra formazione umana, culturale e spirituale. Ognuna di esse - una vena, un rivolo, un ruscello, un placido fiume o un torrente impetuoso che siano - mescolandosi con ciò che eravamo fino a quel momento, ci trasforma. Alcune sono particolarmente significative e senza che ne abbiamo da subito coscienza, danno una svolta decisiva al nostro pensiero e alle nostre azioni, stimolando o direzionando la nostra creatività. Altre operano in modo ancor più sottile, risvegliando ciò che abbiamo già dentro di noi, riportandolo alla luce. Marija è stata per me una di queste preziose presenze, fin da quando la “conobbi”, agli inizi degli anni ’90, grazie ad un amico, straordinario “catalizzatore” di relazioni e d’incontri...

Il primo grande dolore

Maria Alseika era nata a Vilnius, in Lituania il 23 gennaio 1921, in una famiglia culturalmente molto vivace: i genitori, sostenitori del patrimonio artistico lituano oppresso dalla Russia zarista, la educarono al rispetto delle tradizioni del Paese, in una scuola da essi stessi fondata. La madre fu la prima dottoressa in medicina lituana, e il padre, medico, editore e storico, aprì il primo ospedale a Vilnius 1918.
Nel ‘34 la sua fervida adolescenza venne sconvolta dalla morte del padre: allo smarrimento iniziale reagì con fermezza, per continuare il lavoro paterno con lo studio dei riti funerari precristiani del territorio. Si laureò in Archeologia all’Università di Vilnius. All’invasione tedesca seguì, nel giugno ‘40, quella sovietica.

Il primo esilio

Era l’ora più profonda di una notte in cui la luna occhieggiava appena tra le nuvole, quella in cui Marija si ritrovò ad affrontare il suo primo esilio, costretta a una drammatica fuga dall'arrivo delle truppe sovietiche che occupavano la sua terra d'origine, la Lituania, durante la Seconda Guerra Mondiale. A soli 19 anni, dovette dire addio alla sua casa, alla sua città e  abbandonare tutto, fuggendo insieme al marito Jurgis Gimbutas, “con la figlioletta su un braccio e la tesi di laurea sotto l'altro”. Iniziarono così le peripezie di questa donna che io annovero tra le persone più importanti della mia vita.

In sintesi, dopo aver conseguito un dottorato (PhD) in archeologia nel 1946 all'Università di Tubinga in Germania, nel 1949 approdò negli Stati Uniti come rifugiata. Non senza difficoltà e discriminazioni come donna, fu traduttrice e ricercatrice ad Harvard in qualità di esperta in archeologia europea orientale, fino ad affermarsi nel 1963 come docente di Archeologia Europea all'Università di Los Angeles. Autrice di oltre 20 opere e 200 pubblicazioni sulla mitologia dell'Antica Europa, la religione della Grande Dea e le origini delle culture indoeuropee, tra cui La civiltà della Dea, Dee e Dei dell'Antica Europa. Il linguaggio della Dea.
Fondamentali per l’evoluzione della sua visione furono le campagne di scavo dirette dal 1968 al 1980 nel bacino del Danubio, in Grecia e in Italia, che le permisero di indagare sulla cultura europea precedente l’influenza indoeuropea, ricevendo numerosi riconoscimenti.

Una scoperta inestimabile

Era ormai una studiosa e un’archeologa di grande valore, apprezzata e onorata, Marija, ma provava un profondo disagio: nei numerosi scavi diretti, aveva ritrovato sempre “armi, armi e ancora armi”. Tuttavia non l’aveva mai abbandonata la certezza dell’esistenza di società ancestrali in cui la guerra non fosse esistita, o comunque non fosse “la norma”: quasi un destino, un dato biologico dell'umanità. Questa fiducia non cedette mai, fino a quando, decidendo di ordinare gli scavi in uno strato ancora più profondo dei precedenti, non trovò le prove visibili di quanto lei aveva immaginato e sperato.
Il merito della grande archeologa, ricercatrice e studiosa Marija Alseika Gimbutas è di averci donato su un piatto d'argento le prove inoppugnabili dell'esistenza di antichissime culture che praticavano sistematicamente la pace, privilegiandola quale valore fondante. La tesi sostanziale - da sempre ritenuta utopica - della pace come unica via possibile per la sopravvivenza e per l'evoluzione dell'umanità e del pianeta, era stata sempre frenata dalla fatidica affermazione che la guerra fosse esistita da sempre, quasi iscritta nel dna umano: con il suo incommensurabile lavoro, Gimbutas ha svelato l’infondatezza di una simile affermazione, provandola con i suoi ritrovamenti in tutta la Vecchia Europa, e con la successiva, minuziosa classificazione dei reperti e la loro interpretazione in un numero notevole di studi e pubblicazioni.

Il secondo esilio

Ma le idee nuove - soprattutto quelle veramente eccezionali, che però in qualche modo dis-turbano lo status quo, non vengono assorbite immediatamente dalla società; spesso accade che siano addirittura ostacolate e ignorate: ed è proprio ciò che successe a Marija, che invece di essere premiata per la sua scoperta, venne boicottata, a volte anche irrisa, comunque minimizzata ed infine ignorata: proprio come suol farsi nel regressivo mondo patriarcale per  cancellare sommariamente qualcuno/a. Ciò avvenne in primis nello stesso ambiente accademico che le aveva attribuito premi e onori per le precedenti, più convenzionali ricerche.

La sua scoperta era rivoluzionaria, forse troppo in anticipo coi tempi; o forse andava a toccare una visione troppo calcificata, ed ancor più probabilmente i troppi interessi legati alla guerra e alle sue spietate ramificazioni commerciali e di potere.
Per aver osato il capovolgimento del crudele refrain "la guerra è sempre esistita", Gimbutas venne sommariamente sottoposta a censura; per aver tentato di distruggere uno schema deleterio, subì il misconoscimento, l’esilio: lei che tale condizione l'aveva realmente patita nei duri anni della guerra.

Inadeguatezza per eccesso di valore

In un mondo alla rovescia di cui vediamo esempi ad ogni istante, appare ipotizzabile che tanta inquietante sottovalutazione sia dipesa soprattutto dal fatto che le tesi della studiosa non fossero conformi con i dictat, con i pregiudizi e con gli interessi non etici della cultura imperante.
Sta ora avvenendo una sua reale valutazione, grazie a una serie sempre più numerosa di ricercatori che riconoscono la validità del suo metodo, che ha saputo dare un senso compiuto e di alto livello a dei materiali archeologici che - anche nella parte in cui erano o sono già noti, come l’arte minoico-micenea - prima del suo lavoro erano dormienti, in quanto del tutto mal compresi.

Dare onore al merito

Avendola seguita per oltre un quarto di secolo, ho voluto onorare questa grande donna, travolta da un giudizio tanto assurdamente selettivo quanto ingiustificato, impegnandomi da anni per una intitolazione e una targa commemorativa a suo nome nella città di Potenza, facendo  del mio meglio per concretizzare questa promessa. Nel 2018 le è stata finalmente dedicata una doppia targa commemorativa nello spazio verde a lei intitolato, in via del Gallitello, a Potenza, all’altezza della Galleria Unità d’Italia.

I valori fondanti: Il Principio femminile originario
Si vive in una società in cui lamentiamo l’assenza dei valori fondamentali: ma se, insieme alle cause dell’ingiustizia, della violenza, dell’egoismo etc., non eliminiamo anche i punti di riferimento negativi su cui abbiamo basato storicamente il nostro modo di vivere, e le cui deleterie conseguenze sono sotto i nostri occhi, il rinnovamento tarderà ad arrivare, e continueremo a girare in tondo sui tanti problemi che ci affliggono, senza capirne realmente i motivi e di conseguenza senza trovare soluzioni valide.

Indispensabile è dunque un mutamento culturale che preveda il ritrovamento e l’osservanza di un modello esemplare: quello che io definisco il Principio Femminile originario®, che non solo ponga rimedio ad una storica “invisibilità” femminile, ma provveda al riconoscimento dei Valori che da quel principio provengono, e che attengono primariamente alla vita, all’amore, al rispetto, alla solidarietà, alla sensibilità, alla gentilezza, alla dignità, alla coscienza, al coraggio, all’autenticità, alla lealtà, al sostegno reciproco, alla verità, libertà, creatività, alla cura dell’essere, delle relazioni etc.: e Marija li compendia nella gran parte.

Fino all’ultimo, benché amareggiata e stanca, ammalatasi di cancro (secondo me per il dispiacere), ha continuato a lavorare in solitudine, duramente, per completare le sue ricerche e lasciare così ben chiara la traccia delle sue inestimabili scoperte. Sono certa che possiamo trarre preziosi insegnamenti da persone resilienti come Marija Gimbutas, che trovarono più volte nella loro vita la forza per fare ciò che amavano, per ricominciare, per continuare in ciò che ritenevano giusto, nonostante il boicottaggio e la solitudine cui furono costrette; per non odiare, ma per tramandare.

Prof.ssa Teri Volini, artista biofila, ricercatrice




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