Femminicidio
e Femminilicidio: :
molto più di un gioco verbale
A causa del reiterarsi di atti di violenza sulle
donne - dai maltrattamenti, allo stalking, allo stupro, fino all’uccisione - è
stato coniato un termine forte, femminicidio,
neologismo di origine inglese che identifica la violenza estrema come “delitto
di genere” in quanto commesso contro la donna “in quanto donna”, secondo la definizione dell’antropologa
M. Lagarde.
Il termine ha
sottolineato e sancito la gravità della violazione dei diritti delle
donne, facendolo riconoscere nel diritto umanitario internazionale; focalizzando anche linguisticamente l’attenzione
sul problema, ha favorito il passaggio dalla denuncia sociale al riconoscimento
giuridico.
La violenza diversificata sulle donne e il femminicidio
sono fenomeni tragicamente estesi a livello planetario. Solo in Europa si
contano migliaia di casi, e così in
Italia, dove nell’ultimo decennio la media delle uccisioni è stata molto alta. Ciò che rende il fenomeno
ancor più raccapricciante è il suo verificarsi
in un contesto familiare o
affettivo, e l’età delle donne, tra i 25
e i 54 anni. L’omicida è spesso un familiare stretto, coniuge, partner o ex partner, che agisce alla fine di un rapporto
sentimentale, o in tempi di poco successivi.
E se di estrema gravità è la situazione femminile in culture “lontane”, accomunate da fanatismi politici e religiosi, regimi dittatoriali, rigore autoritario,
dove la padronanza dell’uomo sulla donna è assoluta e il diritto di vita
o di morte è addirittura sancito dalla legge - non possiamo poi non sbalordire di fronte al paradosso di un Occidente in cui la persistenza
del problema risulta ancora più grave e
preoccupante, proprio per il
contrasto tra il preteso livello
culturale e civile e la triste realtà ...
Essì, perchè il fenomeno è esteso a paesi della cui “civiltà” non dovremmo
dubitare, come Francia, Regno Unito, Germania,
Italia e .. Stati Uniti d’America!
Basilicata
Purtroppo la nostra regione non è
esente dalla violenza di genere: vanta anzi un triste primato, quello dell’ampia nomea di
alcune delle vicende più tragiche, come quella
di Elisa Claps, nota a livello
internazionale. La studentessa 16enne scomparve nel ‘93, e solo 17 anni dopo se ne scoprirono i resti nel sottotetto di una chiesa a Potenza.
Per l'omicidio è stato condannato a 30 anni di reclusione Danilo Restivo, ma le indagini continuano, per i dubbi degli investigatori su presunti silenzi
nell'ambiente ecclesiastico locale.
Il caso più datato e
irrisolto è quello di Ottavia De
Luise, una bambina di 12 anni, sparita nel
nulla nel ‘75 a Montemurro. A quel tempo
non vennero attivate neppure
delle vere indagini, e si parlò addirittura
della piccola come di “una poco di buono”.
Nessuno fu indagato, nessun magistrato si occupò della scomparsa, fino
all'archiviazione del caso.
C’è poi un delitto annunciato ma non impedito. Anna Rosa Fontana, 38 anni, materana, già assalita dal “suo uomo” nel 2005,
sopravvissuta a 15 coltellate, non venne
protetta da un 2° attacco dell’ex-convivente, che, rilasciato
dopo soli 2 anni - seguiti da
molestie, minacce, vane denunce - la uccise
nel 2010. Nemmeno la legge sullo
stalking riuscì a fermare la mano
assassina dell’uomo, condannato poi a 30
anni.
Nel 2009, fu una ragazza di 18 anni di Potenza, Grazia Gioviale, ad essere trucidata durante un litigio per motivi di
gelosia dall’uomo con cui aveva una relazione, e che in seguito si suicidava.
Si invocano leggi più severe, provvedimenti atti a proteggere la donna,
codici rosa …Tutto questo è indispensabile,
almeno per affrontare la situazione presente, per arginare
la piena dell’orrore: tuttavia, nulla di tutto ciò è sufficiente per una soluzione
definitiva, e neanche delle leggi molto più punitive riuscirebbero a risolvere un problema
di planetaria tragicità.
Ci
dobbiamo rendere conto che occorre un mutamento culturale, un cambio radicale della
mentalità comune!
Proviamo a partire
da una breve riflessione sulle motivazioni che “portano” al femminicidio. Cosa c’è alla base di
quest’odio, di questa violenza, se non il
desiderio - da parte di un maschile profondamente malato - di avere il possesso, il controllo sulla donna?
In verità, ciò
è avvenuto in tutto il tempo storico, ed ancor oggi una cultura non sufficientemente equilibrata produce
uomini facili alla paranoia, non disposti a dare rispetto
né protezione, né a capire il
vero significato dell’Amore, che mai può essere potere, costrizione, uso della forza, desiderio di annientamento di
un altro essere.. compresi se stessi e
gli stessi figli, spesso coinvolti
nella follia distruttiva.
Ma c’è di peggio:
ci rendiamo conto che la violenza non si
dirige “solo” contro la donna, ma è sempre più un attacco generalizzato contro il
Principio della Vita, di cui il
femminile è portatore!
Invece di onorare il Valore che ciascuna creatura femminile condivide, e da cui dipende il futuro di ogni specie vivente, nel 3°
millennio si abusa della donna e del suo corpo con la
stessa feroce noncuranza con cui di abusa dell’habitat. Lo stupro della
donna e quello della terra avvengono in contemporanea. Queste
considerazioni mi hanno spinto a coniare un termine ancora più complesso rispetto a
femminicidio, inclusivo di quella terribile doppia violenza: il FEMMINILICIDIO®:
esso ci fa capire che è in gioco la sopravvivenza stessa del genere umano e del
pianeta vivente.
Non si tratta di un gioco linguistico, dal momento
che il termine dichiara l’attentato di una parte insana del genere umano a sé stesso: distruggendo la femmina
che porta nel suo ventre le
generazioni, le nutre e se ne prende
cura da secoli; distruggendo l’ambiente in cui vive e che gli permette di vivere,
di respirare, dissetarsi, nutrirsi, e di godere della bellezza, se lasciato intatto e incontaminato.
di respirare, dissetarsi, nutrirsi, e di godere della bellezza, se lasciato intatto e incontaminato.
Paradossalmente, quello stesso principio necrofilo, basato
sulla pratica costante e mitizzata
della guerra e della violenza, dopo aver dominato per i
circa 5.000 anni storici, oggi sembra
essersi concentrato in una sorta di mostruosa cristallizzazione -
continuando a generare ancora guerre, corruzione politica e sociale,
un’economia malata, e l’agghiacciante distruzione del pianeta.
Un tragico presente, un passato esemplare
L’antica
civiltà minoica, una cultura della pace e dell’armonia
Se “la storia” c’insegna che la guerra e la violenza
sono esistite da sempre, che sono
connaturate al genere umano, che possiamo fare?
La gravità della situazione ci porta a chiederci se
ciò sia vero, o se non siano esistiti modi
di vivere meno deleteri, che
possano essere d’esempio per un mondo in
cui la pace, il rispetto e la cura della vita siano predominanti, offrendo una
speranza a noi umani di oggi.
Proviamo a dare uno sguardo al passato più remoto,
pre-istorico, poco o niente segnalato dalla storia ufficiale! Scopriremo che
nell’Antica Europa, all’incirca tra il 7000 a.c e il 3-2500 a.c, la società era organizzata sulla base di valori egualitari
tra uomini e donne (gilania), e solo in un secondo tempo – si parla di molti millenni
- una serie di ondate migratorie
proveniente dal sud della Russia, ad opera di popoli indoeuropei chiamati
Kurgan, imposero un modello androcratico e autoritario (il patriarcato).
Fu la meritoria studiosa Marija Gimbutas a scoprire con i suoi ritrovamenti
archeologici le prove concrete di una
modalità pacifica alle origini dell’umanità: "Tale cultura trasse intenso
piacere dalle meraviglie naturali di questo mondo. La sua gente non produsse
armi letali, né costruì forti in luoghi inaccessibili - come avrebbero fatto i
successori - neppure quando conobbe la metallurgia. Eresse invece magnifiche
tombe-santuari, templi, case confortevoli in villaggi di modeste dimensioni e
creò superbe ceramiche e sculture. Fu questo un periodo di notevole creatività
e stabilità, un'età libera da conflitto". 1)
La sua rivoluzionaria scoperta distrugge la tesi
dell’esistenza ab origine della guerra
e della violenza come connaturate all’essere umano.
Anche la civiltà minoica possedeva tali caratteristiche, ed in tutte le più antiche e misconosciute civiltà
matrilineari le donne erano rispettate e divinizzate, proprio perché
incarnavano quel principio della
Vita che permetteva al genere umano di
perpetuarsi: ed era il neolitico!
“Nelle splendide immagini degli affreschi della civiltà cretese sopravvissuti ai
cataclismi che ne determinarono la scomparsa, è possibile vedere
chiaramente quanto elevata fosse la considerazione delle donne:
sacerdotesse, tessitrici, creatrici di alta moda, alla guida di carri e capaci persino di toreare insieme ai maschi, in modo incruento, nel gioco della
taurocapsia … Oggetto di rispetto
come rappresentanti in terra della
divinità, esse potevano andare in giro in topless, mostrando il loro seno e
l’ombelico come segni di bellezza e fecondità, e come tali, intoccabili da violenza e sopraffazione, dal
momento che il loro corpo era considerato sacro”. 2)
Di fronte alle prove dell’esistenza di civiltà che si espandevano in bellezza e pace, come nei ritrovamenti
dell’Antica Europa e nelle immagini mitologiche di Creta, c’è il
riconoscimento del Principio della vita,
del Valore femminile e della nostra unità con la Terra: tutto ciò a cui
dobbiamo fare ritorno per la sopravvivenza ecologica e
dell’umanità, e per cancellare
definitivamente dal nostro vocabolario
termini come femminicidio e femminilicidio.
Teri Volini, Artista biofila, operatrice culturale,
presidente Centro d’Arte e Cultura Delta di Potenza
Nota 1) Marija Gimbutas, Il
Linguaggio della Dea, Longanesi,1989
Nota 2) Teri Volini, Il modo di vestire delle nostre antenate. Delta Edizioni, 1996