MADONNE LIGNEE
- estrapolazione dalla ricerca di Teri Volini
Madonne e Streghe a Castelmezzano, parte prima
©
Teri Volini
è permessa la riproduzione, citando la fonte e l'autrice
Madonne e Streghe a Castelmezzano
- Parte prima
Madonne lignee e divinità
arboree
di Teri Volini
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FINESTRA 1
Le lignee icone delle Madonne di un
paesino della Basilicata sono il filo verde che ci riporta alle ancestrali
divinità della Terra madre nel tempo in cui veniva onorata e rispettata come
corpo vivente, e all'Albero, esemplare simbolo di questa venerazione ed esso
stesso axis mundi, potente archetipo del collegamento tra cielo e terra.
La ricerca
arriva – con uno straordinario viaggio nello spazio e nel tempo - fino al cuore
del Mediterraneo: a Creta, sede dell’antichissima, fiorente e pacifica civiltà
minoica matricentrata.
Rileviamo così
le sorprendenti somiglianze tra la sacra icona più amata di Castelmezzano –
distrutta nel terzo millennio da un dissennato restauro - con le fiere signore
cretesi, che ancora si mostrano, dall'alto dei loro ben portati millenni, negli
splendidi affreschi giunti fino a noi dal neolitico ...
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La
Madonna dell’Olmo
A
Castelmezzano, nella Chiesa Madre, il cui antico e suggestivo nome era Santa
Maria la Stella e Matutina, si trova la statua di Santa Maria dell’Olmo.
Fino agli anni sessanta la Madre divina dava il Suo nome all’antistante
piazza principale del paesino lucano, essendone protettrice e custode; poi la denominazione venne cambiata in quella
attuale di piazza Caizzo, un
soldato del luogo ucciso durante la
seconda guerra mondiale: segnale indicativo di scarso rispetto per la
Madonna, disaffezione dal sacro e allontanamento
dalle tradizioni devozionali. Assisa
in trono, la Vergine sorregge con il braccio sinistro il Bambino e con la mano
destra una sfera che rappresenta il mondo; il suo capo è arricchito da lunghi
capelli riccioluti; le sue vesti, ricche di pieghe, Le conferiscono la maestà, nobiltà
e bellezza di una regina.
Collocata piuttosto
in alto, su una mensola dell'altare in ferro battuto risalente al 1700, la
statua è scolpita nel legno, ed è assimilata
all’Olmo, pianta sacra di rilevante importanza in tutta l’antichità. Ce n’erano
due begli esemplari, ma - sempre nella metà del secolo scorso - “le
antichissime frondose sacre piante” furono sradicate per allargare la piazza.
Il
volto della Madonna dell’Olmo è austero, ma non accigliato: lo sguardo sereno,
l’espressione autorevole ma prossima al sorriso; il capo ben sollevato, ma
senza supponenza; un naso “forte”, una bocca severa: nulla di più lontano dalle
languide “madonnine” che certa iconografia ci suggerisce: bianche, quasi esangui, con lineamenti
delicati, espressione trasognata e testa china, occhi bassi, spesso piangenti o
enfaticamente addolorati …
Emana
dalla Madonna dell’Olmo un senso di grande dignità e forza interiore: una Donna
speciale, presente a sé stessa, impregnata di
sacralità eppure umanissima e amorevole, più vicina all'immagine reale umana, che assecondante un’idealizzazione
astratta ed “esemplare”.
La Madonna della Lira
Nella
stessa chiesa è presente un’altra sacra icona: oggi per sicurezza in una teca
trasparente, precedentemente collocata, sotto un arco, in prossimità
dell'altare maggiore, nello spessore del muro. Presenta delle caratteristiche simili
alla prima: è lignea, e rispetto all’altra un po’ più “massiccia”, come
evidenziato anche dalla posizione seduta e dai pesanti vestiti che indossa.
Anch'essa si allontana dallo stereotipo
comune, è molto vicina a una solida donna
“contadina”, ben piantata sul suo scranno. Ciò
non toglie che nell’insieme emani grande nobiltà e regalità, qualità non intese
come attributi di classe ma piuttosto come speciali caratteristiche della
persona.
Notiamone alcuni particolari: i capelli, le mani, il vestito e infine il trono su cui è seduta: ha la forma di una lira ! Ben disegnata, in legno dorato decorato, e con tanto di ricciolo superiore. Anche questa Madonna ha in braccio il Bambino, e, come l’altra, non mostra un atteggiamento di ossequiosa umiltà, quanto piuttosto di fierezza, di grande autonomia e autorevolezza: tutto in Lei rivela una forte “personalità”.
Notiamone alcuni particolari: i capelli, le mani, il vestito e infine il trono su cui è seduta: ha la forma di una lira ! Ben disegnata, in legno dorato decorato, e con tanto di ricciolo superiore. Anche questa Madonna ha in braccio il Bambino, e, come l’altra, non mostra un atteggiamento di ossequiosa umiltà, quanto piuttosto di fierezza, di grande autonomia e autorevolezza: tutto in Lei rivela una forte “personalità”.
In entrambi i casi, queste sacre icone sono esenti da quanto prescritto
dallo
stereotipo comune, storicamente imposto dalla committenza (ecclesiastica,
nobile o borghese che fosse) che dettava il modello e imponeva
il gusto, proiettando in esso le caratteristiche a sé stessa più
congeniali o strumentali e ordinando all'artista o artigiano di turno di
renderle visibili, concentrate nell’immagine perché fossero implicitamente “esemplari”del
modello di femminilità che doveva essere rispettato e diffuso.
-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------Finestra 2
Antenne
del divino
È significativo notare come gli artisti
o artigiani che realizzavano le statue, pur avendo a disposizione altri
materiali più resistenti - la pietra, il marmo, i metalli - abbiano
generalmente preferito scolpire in materiali lignei le icone di riferimento
religioso, nonostante la maggiore facilità al deterioramento. Ne comprenderemo
il motivo andando molto indietro nel tempo: fin dai primordi, è nel legno che veniva
scolpite le icone delle ancestrali divinità. In tempi ancora più remoti, l'Albero
stesso era assimilato alla divinità: affondando le sue radici nella Terra, ed
effondendo la sua chioma nell’Aria, creava un collegamento tra i mondi che di
certo i nostri progenitori comprendevano, apprezzavano e concettualizzavano,
esprimendosi poi in miti e simbologie archetipiche assai potenti. Le Madonne lignee,“fatte”
da un albero, e collegate ad esso, sono antenne del divino, potenti
collegamenti tra cielo e terra.
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Tale
caratteristica accompagna anche l’altra sacra icona cui accenneremo, la Madonna
dell’Ascensione. Mi tocca qui scrivere al passato, a causa
dei cambiamenti intervenuti dal tempo della prima stesura della ricerca (fine
degli anni ’90)
L'Icona
lignea si trovava in una chiesetta collocata
in mezzo alle rocce. Subito dopo essere usciti dalla galleria scavata nelle Arm,
le rocce dolomitiche che caratterizzano il luogo e che dava accesso a Castelmezzano, vi si arrivava salendo per
un sentiero lastricato.
Anticamente
questa chiesa veniva usata per seppellire i defunti nella parte sottostante,
prima che venisse costruito fuori dal paese l'attuale cimitero. Per entrarvi,
bisogna chiedere la chiave in paese ad una famiglia che ne aveva da tempo “la cura”, cioè la responsabilità e
la devozione e su cui c’è una storia molto particolare (v.ricerca).
La
Madonna dell’Ascensione era in verità una Madonnina,
piccola in altezza, quasi totalmente ricoperta da un mantello di raso azzurro
ricamato in oro. Nonostante la bellezza e le ottime intenzioni devozionali e
affettive di chi lo aveva cucito e ricamato, il mantello copriva la
nascosta bellezza dell’immagine, celandola quasi del tutto.
Del
resto, la Madonna non ne avrebbe avuto alcun bisogno, perché aveva già dipinto
direttamente sul suo corpo un abito di colore rosso
scuro con schematici punti o fiori
color crema. Lo stesso valeva per il Bambino che aveva in braccio.
La leggenda voleva che la statua della Madonna
fosse stata trovata da due pescatori d’un mare lontano, cui la Madonna indicò
dove portarla: arrivati a Castelmezzano la statua si appesantì indicando
la Sua volontà di rimanervi. Fu così costruita la Cappella, dove venne
collocata la statua. La mattina seguente, i fedeli trovarono ai piedi della
Madonna le statue di due marinaretti in preghiera, rassomiglianti ai due
pescatori che, assolto il loro compito, erano tornati al loro paese.
Questa
leggenda, nella sua apparente ingenuità, aveva il merito di comunicare
la provenienza remota della statua, dandole una singolare peculiarità di
nomadismo, e l'attribuzione di Viaggiante, Pellegrina, o forse Migrante,
al pari delle genti che l’avrebbero portata con loro.
Viaggi spazio temporali -
Ritenendo la generica denominazione di Madonna Bizantina insufficiente ad accompagnare la storia della dinamica icona e date le qualità che la rendevano atipica, osavamo nuove, più suggestive ipotesi: d’altronde l’Icona stessa sembrava proporle.
Ritenendo la generica denominazione di Madonna Bizantina insufficiente ad accompagnare la storia della dinamica icona e date le qualità che la rendevano atipica, osavamo nuove, più suggestive ipotesi: d’altronde l’Icona stessa sembrava proporle.
L’accostamento
più interessante? Quello con le donne dei meravigliosi affreschi del palazzo
reale di Knossos: le fiere cretesi, nelle loro elegantissime mise; le
mirabili donne minoiche, signore, raffinate
nel vestire come nell’ornarsi.
Gli affreschi ci mostrano capelli scuri come la pece, acconciature complesse, incrostate di fili di perle e di conchiglie; occhi grandi, truccati senza risparmio, contornati da una spessa linea nera, come nel caso della cosiddetta Parisienne
Quelle donne sono comunemente definite le Signore in blu, immerse in un intenso
sfondo azzurro intenso, mentre i corpetti con bolerino, maniche gonfie e corte,
decorate con un gallone a piccole onde blu, sono rossi, finemente ricamati, e mettono
in piena evidenza i seni, che le cretesi usavano portare scoperti.
Tornando alla nostra Madonnina, ne ammiriamo il vestito
rosso con piccoli decori, e il mantello azzurro, sugli omeri suggestivamente
acconciato come un bolerino.
Ai lati del capo delle eleganti signore, si fanno
notare dei lunghi, scuri, densi riccioli serpentini: ebbene, anche i
capelli della Madonnina dell’Ascensione, scuri e densi, sono modellati
con grande cura, dividendosi lateralmente in due pesanti riccioli a tire-bouchon,
inanellati, serpentini...
Da
Creta, sede dell’antichissima civiltà minoica, matricentrata e pacifica, torniamo a Castelmezzano: siamo alla fine
degli anni '90, nella piccola chiesetta tra le rocce, e la Madonnina è ancora
quella che tantissime generazioni hanno potuto venerare e onorare, portandoLa
in processione e chiedendoLe protezione e conforto.
Ebbene,
essa non esiste più, poiché un recente, invasivo restauro ha completamente
snaturato l'icona lignea: essendo stata scoperta, nel corso del “ripristino
conservativo”, la presenza di un'altra, più antica immagine, sotto quella in
cui per secoli si erano rispecchiati i fedeli - uomini donne e bambini
di generazioni e generazioni.
La
Madonnina è stata di fatto distrutta
e sostituita da una copia, fra l’altro malfatta: basti osservare l’asimmetria
tra i due riccioli. In una “cultura” schematizzata e ostinatamente funzionale,
i rigidi dettami del restauro hanno surclassato i comandamenti del cuore e quelli della pietas popolare, non esitando a eseguire quanto dettava il protocollo, e non ciò che era
importante per il culto secolare degli abitanti e che il rispetto per l’icona in sé esigeva.
Ora
in processione viene portata la copia
difettosa della Madonnina cancellata, mentre l'icona “recuperata” dal restauro si
trova in una nicchia protetta della chiesa Madre, in attesa dei visitatori che
nulla sanno della vicenda e della
dissacrazione.
Finestra 3 -
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L’Archeomitologia è stata fondata
nel 20° secolo dalla studiosa e archeologa dott.ssa Marija Gimbutas, che,
nell’indagare sul passato più ancestrale, non solo ha portato la ricerca
archeologica a splendidi quanto inattesi risultati grazie ai suoi preziosi
reperti con relativa classificazione e studio peculiare, ma si è accreditata
con tutto ciò che nella cultura
popolare si palesa in Mitologia, Cosmogonia, Leggende e Folklore, con lo studio
comparato fra mitologie “non scritte”, tradizioni orali e manifestazioni
magico-religiose: il tutto nell’interdisciplinarità della ricerca. Se
affiancata dall’antropologia, si parla
“Archeoantropomitologia”, che
studia le mitologie arcaiche attraverso il sistema sopravvissuto - di opinioni, credenze, superstizioni, modi
di vivere - di tante ancestrali culture, le cui tracce si cerca di ritrovare.
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Estrapolazione dalla ricerca differenziata Madonne
e Streghe a Castelmezzano, della prof.ssa Teresa Volini, detta Teri, ricercatrice mito archeologica
© Teri Volini
è permessa la riproduzione, citando la fonte e l'autrice