Violenza contro le donne e prospettive di autorevolezza
Uno dei problemi irrisolti del millennio è la
violenza contro la donna: un dramma che travalica il tempo, aprendo, persino
durante un’epidemia, dimensioni assurde di sopraffazione da parte di un “uomo”,
spesso marito, compagno, amante che,
dopo maltrattamenti e sevizie fisiche e morali - a volte di anni - fino all’ uccisione, dichiara di averlo fatto “per
Amore”.
Acuito durante il lockdown, ancor più drammatico fra le mura domestiche - la segregazione uno sfogo in più, per gli aguzzini; nello stress dell’imposta convivenza, orribile per la vittima, impossibilitata, per lo stretto controllo, a chiedere sostegno -
ci si chiede da tempo come arginarlo, quest’orrore, indegno di una società civile; neanche una più ampia assistenza sociale riescono a eliminarlo: i femminicidi continuano, e nemmeno leggi più severe riuscirebbero a risolvere un problema di planetaria tragicità.
Autorevolezza
e prestigio
Occorre un radicale mutamento culturale e della mentalità comune, e il ripristino della priorità di alcuni Valori fondanti. Urge fare un passo indietro, focalizzare la situazione a più largo raggio, promuovendo in maniera costante una visione sociale e umana, finalizzata a restituire al femminile autorevolezza e prestigio, tanto da rendere impossibile il solo pensare alla violenza nei suoi confronti.
A giocare un ruolo essenziale è la donna stessa, spesso corresponsabile del reiterarsi di situazioni distruttive e in genere succube di un ritardo evolutivo socio-culturale, che risente del permanere di modalità patriarcali: serve in tal senso una sua ardente consapevolezza, per liberarsi dalla zavorra di abitudini mentali, convenienze, compromessi, che hanno tenuto le donne irretite per 6000 anni.
Androdonne
Ancor oggi, la metà del cielo permane in stato confusionale, inconsapevole del suo stesso valore, ancora lontana da un’effettiva liberazione: un’educazione familiare, scolastica e sociale sbagliata, ha sostenuto traslazioni pluri-generazionali di sviste e ambiguità sul suo ruolo, sul peso reale dei valori da essa incarnati, tanto che i miglioramenti sono stati pigri, e con arretramenti: agli anni 60 - 70 del ‘900, di lotte e conquiste in diritti, dignità, autodeterminazione, è seguito un ventennio orribile, in cui per molte si è tornato al prevalere dell’esteriorità (scambio sessuale, ammiccamento, compiacenza), come merce di scambio per avanzamenti economici o di status, per la carriera politica e lavorativa: un’opera mirata di corruzione, specie sulle giovani, assimilava la donna ai più bassi aspetti del maschile, fino a creare un ibrido: l’androdonna, emula e complice del peggio patriarcale.
I paradigmi berlusconiani (parametri
di bell’aspetto per donne in politica, manipolabili, prostitute eufemizzate in escort (modello di femminilità), ne sono un esempio drammaticamente farsesco.
Disambiguazione
La Priorità è riconquistare una cultura affrancata da pastoie, imposte sia dalla prevaricazione storica, sia - più sottilmente, ma altrettanto rovinosamente - da quella linguistica. Il 1°passo per una crescita liberatoria e produttiva - che si riverbererebbe al mondo intero - è la disambiguazione linguistica: eliminazione di doppiezze, equivocità, falsità - generanti confusione, inducenti sia uomini che donne a errori nel pensiero e nei comportamenti - che tuttora incrostano i termini abitualmente usati.
Fra le parole basilari riguardanti l’inganno linguistico, “amore” e “uguaglianza”: anziché indicare affetto, passione, cura, stima, tenerezza, protezione, il 1° termine diventa sinonimo di possesso, dominio, prepotenza, impulso folle, il che autorizza comportamenti prevaricatori e distruttivi.
La Priorità è riconquistare una cultura affrancata da pastoie, imposte sia dalla prevaricazione storica, sia - più sottilmente, ma altrettanto rovinosamente - da quella linguistica. Il 1°passo per una crescita liberatoria e produttiva - che si riverbererebbe al mondo intero - è la disambiguazione linguistica: eliminazione di doppiezze, equivocità, falsità - generanti confusione, inducenti sia uomini che donne a errori nel pensiero e nei comportamenti - che tuttora incrostano i termini abitualmente usati.
Fra le parole basilari riguardanti l’inganno linguistico, “amore” e “uguaglianza”: anziché indicare affetto, passione, cura, stima, tenerezza, protezione, il 1° termine diventa sinonimo di possesso, dominio, prepotenza, impulso folle, il che autorizza comportamenti prevaricatori e distruttivi.
Uguaglianza: fatta salva la sacrosanta parità nei
diritti, demistificando il termine si
capisce che non è l’uguaglianza tout
court con l’uomo che va perseguita dalla donna, ma il suo superamento!
Intesa come allineamento alla cultura maschile patriarcale, l’uguaglianza è la fatale trappola che ha permesso alla dipendenza della donna – anche a sua insaputa - di perpetuarsi: accettando quella cultura, l’ha fatta propria, emulando l’uomo e non pensando invece di proporre - forse imporre - una Sua rinnovata, più matura visione.
Funzionale al sistema patriarcale, l’uguaglianza mistificata è un inganno del sistema, per conservare lo status quo: fonte di disagio e sofferenza, niente a che vedere con il fine di una giusta lotta!
È improrogabile trascendere
visioni obsolete, altamente distruttive:
anche gli uomini sani lo vogliono! Eliminando
il becero del maschile patriarcale, far
riaffiorare il vitale PFO, Principio Femminile Originario, diventarne consapevoli
e fiere/i, dal momento che incarna le migliori qualità al mondo; unirle poi alle
qualità maschili sapienti, e farne la
base per una rinnovata società, in cui prevalgano i genuini sentimenti di Vita,
Amore, Libertà, Solidarietà, Verità, Integrità, Espansione, e tutto il meglio
per l’umanità.
per l’umanità.
Teri Volini, ariista biofila