Riscoprire la
civiltà contadina:
un cambio di
prospettiva
La
Casa contadina nel borgo lucano di Castelmezzano nasce come omaggio
all’ancestrale civiltà contadina, da cui è iniziato il percorso dell’umanità,
ciò che è comprovato dagli studi di
ricercatori e ricercatrici, come l’antropologa
Margarth A. Murray e l’archeologa Marija Alseika Gimbutas.
In primis, la
studiosa britannica (1863 - 1963) rivaluta
basicamente sia il mondo contadino che
le donne, indebitamente per
secoli definite “streghe”, e sottoposte a trattamenti
mostruosi, aprendo uno squarcio
assolutamente innovativo sulla loro terrificante vicenda.
Nelle
rivoluzionarie opere The witch cult in
western Europe, Oxford 1921- Le
streghe nell’Europa occidentale, Milano 1978 e The God
of the witches, 1933, Il Dio delle
streghe, Roma 1972, affermava che quelle
donne erano semplicemente delle contadine, donne strettamente legate alla
terra, di cui conoscevano i segreti e i misteri, e che portavano nel sangue e
nella memoria l’esperienza delle loro ave.
In
pratica, Murray scriveva della religione pagana precristiana,
sopravvissuta segretamente per millenni, anche dopo l'affermarsi prepotente ed autoritario della nuova religione di Stato
nel IV secolo; una religione ancestrale, divenuta per forza di cose minoritaria e nascosta, le cui
caratteristiche pacifiche, matricentrate e naturalistiche venivano riconosciute come una minaccia per
il patriarcato in coso di affermazione e che per questo veniva perseguita con
ferocia crescente, fino ad arrivare dal 14° secolo e seguenti al delirio della “stregoneria”,
come fu marchiata dalla religione e dal potere secolare
ufficiale, durante il lunghissimo periodo della “caccia alle streghe”.
All’uscita
della sua ricerca ridicolizzata e ridimensionata dalla cultura dominante patriarcale, la tesi di Murray affermava una
verità negata, mistificata e capovolta per secoli, e che era costata a migliaia
di persone, in maggioranza donne, la perdita della libertà, torture
inimmaginabili, condanne al rogo e tutta una serie di orrori, i più efferati,
da parte del potere secolare e della
Chiesa dominante, con la stretta complicità della classe medica, dai cui
giudizi dipendeva la sorte delle vittime.
Gimbutas
Grazie ai suoi apporti,
sono man mano andati crescendo in
maniera esponenziale gli studi relativi
a quella tesi da cui, al di là delle
singole persecuzioni, si era delineata una guerra feroce, non solo contro le
donne ma verso un’intera cultura,
finora ignota ai più, e di cui
oggi, grazie ai ritrovamenti di Gimbutas,
esistono finalmente le prove. E, manco a farlo apposta, anche Gimbutas, come
Murray, è stata osteggiata e ridimensionata.
Il merito
principale della grande archeologa, ricercatrice linguista e studiosa (1921 –
1994), è di averci
donato su un piatto
d'argento le prove inoppugnabili dell'esistenza di antichissime culture che
praticavano sistematicamente la pace, privilegiandola quale valore fondante.
La tesi sostanziale - da sempre
ritenuta utopica - della pace come
unica via possibile per la sopravvivenza e per l'evoluzione dell'umanità
e del pianeta, era stata sempre frenata dalla fatidica affermazione
patriarcale che la guerra fosse esistita da sempre, quasi un destino, un
dato biologico dell'umanità.
“Con il suo inestimabile lavoro,
Gimbutas ha svelato l’infondatezza di una simile affermazione, provandola con i
suoi ritrovamenti archeologici e la loro interpretazione, in importanti
studi e innumerevoli pubblicazioni. Gimbutas
ci ha fornito le prove concrete di una cultura
caratterizzata da un modo pacifico del vivere, perdurata migliaia di
anni, in un'epoca pre-istorica, sconosciuta ai più. La sua biografia è a tal
proposito illuminante.
Quella
cultura faceva riferimento ad ancestrali
società pacifiche, matrilineari in cui mancavano le armi e le fortificazioni,
che in seguito sarebbero diventate la norma,
e che, a un certo punto di una “storia”,
non narrata perché scritta dai
sopraffattori, erano state conquistate con le armi da popolazioni guerriere
e violente. Nello scorrere dei tempi,
non bastandone la distruzione, quella
visione del mondo, insieme alla
sua religione - che faceva riferimento
a una divinità femminile personificante e benedicente la vita - venne mistificata in modo che la si
leggesse in modo totalmente
diverso, capovolta in negativo, spregevole.
La più antica delle religioni veniva
fatta diventare un Tabù in senso negativo, non sacrale, ed è
ancora così forte il ricordo subliminale del terrore e della morte costati per quello che era trasformato in un marchio
d’infamia ̶ e che corre ancora forte nel ricordo e nel sangue delle persone ̶ che
ancor oggi si stenta a far rientrare il termine stesso “paganesimo” nel parlare
comune.
Ma quanti sanno che “pagàno” deriva da pagus, villaggio, e indicava
chi abitava in piccoli
raggruppamenti, senza né recinti
difensivi, dove si viveva pacificamente, recandosi nei boschi
o nei vicini appezzamenti di terra per
le coltivazioni. In pratica, una civiltà contadina.
L’invidia
primordiale
Poi, come ci
descrive Gimbutas, arrivarono i distruttori di quel mondo
sereno, detto anche Età dell’oro: e fu l’inizio del tempo storico, caratterizzato da guerra,
violenza, conquista e assoggettamento della donna, dei più deboli e della natura. E mentre in quella
Prima Cultura la donna era tenuta nella massima considerazione, per la sua dote
di dare e nutrire la vita, venne
poi ridotta a puro contenitore
del cosiddetto “seme“ maschile.
Ciò non bastava
al sistema patriarcale, che, invece che
con gioia e rispetto, vedeva con occhio
torvo il potere fondamentale femminile
di dare la vita: una potenza così grande da essere insopportabile per gli avidi
i portatori di morte, che fecero del loro peggio per diminuirla e mistificarla,
mentre distruggevano la forma religiosa che la sosteneva e che ad essa si
accompagnava.
Non potendo
estirparla del tutto, per ovvi motivi a loro funzionali (come usare le
donne nel quotidiano e continuare a
generare), rendeva la donna “oggetto” di riproduzione, sottomessa al suo potere e ai suoi modi; nei
millenni, riducevano la donna
inconsapevole del suo stesso potere,
trasformando quel potere in vergogna e impurità (vedi parto,
mestruazioni, etc.). Ma questo è solo un campione di una storia, i cui strascichi si vedono
tuttora...
OMAGGIO A GIMBUTAS - parte 1a con link - pagine 46
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OMAGGIO A MARIJA ALSEIKA GIMBUTAS - parte 2° -
pagg 70
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Recuperare le testimonianze e le solutioni antiche
In
quelle culture ancestrali, connesse alla
terra, intravediamo una naturale armonia, anche attraverso le magnifiche ceramiche che si
producevano nel quotidiano, oltre a
quelle già note del neolitico cretese tramite
le immagini artistiche, a noi
giunte con gli stupendi affreschi... Gli anziani e le anziane erano
guide rispettate, come poi sarà
tramandato a culture successive, Indiani d’America, aborigeni australiani e popoli
indigeni di tutto il mondo, che però il cosiddetto progresso (leggi avidità, potere, prevaricazione) ce l’ha
messa tutta per cancellare o nascondere o corrompere, con tutti i loro eccellenti, misconosciuti
valori. Oggi riscontriamo che il progresso presenta dei lati non tutti limpidamente
positivi, tali da soddisfare un modo di vivere e di abitare armonioso:
abitare il mondo è molto problematico e
imperfetto, al pari del nostro rapporto con la terra e con gli altri esseri,
umani e non umani...
Sarebbe
saggio scoprire ciò che di buono
c’era in altri tempi, trasmettere i frutti
della culture tradizionali, recuperare le testimonianze dei nostri antenati e delle nostre ave,
ricordare i loro valori, anche riguardo un
modo di abitare semplice e in
sintonia con la natura. Recuperare solutioni antiche per riscaldare o rinfrescare
la casa, cucinare, recuperare l’acqua,
usare materiali di recupero, aver cura di animali, giardini, orti, per nutrirci
di frutti della terra nuovamente sani...
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