Teri, una donna graziosa, affascinante,
interessante, artista affermata ma anche cultrice di lingue e letterature
straniere, vive a Potenza ma lavora in molte altre città italiane.
E’ una bellissima giornata, insolita a febbraio, mi
trovo in casa di Teri nel soggiorno – studio, arricchito di opere classiche
della pittrice e di una biblioteca che occupa tutta una parete, il sole che
entra in casa e illumina tutta la stanza ed il caffè fanno soltanto da contorno
alle bellissime parole di Teri verso la natura. È tutto magico, sorprendente.
Come nasce l’artista Teri Volini e quando comincia
la sua missione?
Io sento l’arte come parte del mio
patrimonio genetico, e fin da piccola creavo spontaneamente opere in argilla e
carbone, poi con colori su carta e cartoncino, ho cominciato ad esporre dagli
anni 80. In seguito ho realizzato tutte le mie opere pittoriche con una tecnica
particolare: olio e tecnioca mista su carta intelata. È un lavoro minuzioso,
richiede molto tempo e impegno, però si ottiene un effetto particolare: sono
dei lavori inimitabili, molto originali.
C’è un’opera in particolare, che rappresenta
qualcosa per te, per la tua tecnica?
Certamente, essa rappresenta
l’esaltazione della donna e della natura: la Danza della Corda. La considero un
parto spirituale: casualmente ho impiegato nove mesi per realizzarla! Tre
fanciulle compenetrate nella natura praticano una danza con il nastro rosso: ho
poi scoperto che era un antichissimo rito femminile dell'isola di Creta, tutta
una cultura ancestrale cui mi sento molto vicina. E’ evidente l’amore per la
natura in cui si inserisce la donna che rappresenta la bellezza, la vita... e
poi al pari della terra, essa procrea, dà la vita dal suo stesso corpo e quindi
è suo il compito di difendere la terra, la natura.
Navigando sul web alla pagina http://www.terivolini.it/ conosciamo la tua storia, le tue
opere, le tue mostre ma soprattutto il tuo cambiamento dall’arte classica
all’arte coinvolgente. Perché hai lasciato l’arte classica, dove in fondo eri
già affermata?
Cambiare rotta, lasciare la via del
successo per intraprendere un’altra più tortuosa, magari in salita, vuol dire
per me nuovi stimoli, la mia missione. Si sente parlare sempre più di offese
alla natura, di nquinamento, tragedie derivanti da frane, smottamenti,
alluvioni, e nella maggior parte dei casi parliamo di abuso umano, di tante,
troppe disattenzioni. Soltanto con l’arte coinvolgente, si può tentare di
riattivare la sensibilità anche di persone finora irriguardose nei confronti
dell’ambiente.
Parlami dell’arte coinvolgente, quali sono le sue
espressioni?
Vorrei precisare che si chiama arte
coinvolgente perché l’opera non è limitata solo all’artista ma coinvolge
l’intera comunità. Per esempio quando ho realizzato la Ragnatela rossa sulle
dolomiti lucane, ho coinvolto l’intero paese di Castelmezzano, oltre agli
alpinisti del CAI. Trattandosi di forme imponenti, il messaggio da trasmettere
alla società è immediato. E’ proprio la dimensione insolita che crea
meraviglia, stupore e curiosità nell'osservatore e conseguentemente una
maggiore presa di coscienza verso la natura.
Ti senti
vicina a qualche particolare corrente artistica o a qualche grande nome del
passato?
Le mie opere performative rientrano
nella Land Art, nella Body Art e nella Public-Art, nuova forma espressiva che
esce dai luoghi ufficiali, come Gallerie o Musei ed effettua azioni anche in
esterno, in città come in natura o in luoghi alternativi come quelli
frequentati da giovani, o comunque in strutture che non sono convenzionali.
Ammiro molto il maestro tedesco
Joseph Beuys, il quale negli anni Settanta del Novecento dichiarava che
chiunque può essere artista, anche un contadino. Se ogni essere umano che opera
nell’ambito di una comunità fa bene il proprio lavoro è un artista.
Confermando non solo la priorità
della difesa della natura, ma la possibilità e il dovere morale di " un'arte
che formi la cultura e la vita" stessa, Beuys sottolinea un modo di
fare arte del tutto nuovo, adeguato ai tempi che viviamo; un'arte che possa contribuire
ad "un sistema che trasformi tutto l'organismo sociale in un'opera
d'arte", che contempli come arte "non solo il fare quadri e
sculture, ma tutta la forma sociale".
Negli
ultimi anni hai lavorato molto con le scolaresche, soprattutto a Potenza. Che
cosa si prova a lavorare con i bambini?
Se vogliamo un mondo migliore per le
future generazioni, dobbiamo seminare adeguatamente nuovi modi di pensare e do
agire. I bambini
sono ancora terreno vergine, non contaminato
dalle cattive abitudini degli adulti. Loro hanno dentro di se la volontà e il piacere
di una collaborazione con l’artista, sentono come
congeniali il rispetto e l'amore per l'ambiente; affascinandoli con le sue opere, l'artista aumenta la loro sensibilità
e li rende portatori attivi di nuovi messaggi e di nuovi comportamenti nella società
presente e futura.
Nessun commento:
Posta un commento