giovedì 5 febbraio 2015

Intervista a Teri Volini - di Hamza Zirem

 

Teri, una donna graziosa, affascinante, interessante, artista affermata ma anche cultrice di lingue e letterature straniere, vive a Potenza ma lavora in molte altre città italiane.

E’ una bellissima giornata, insolita a febbraio, mi trovo in casa di Teri nel soggiorno – studio, arricchito di opere classiche della pittrice e di una biblioteca che occupa tutta una parete, il sole che entra in casa e illumina tutta la stanza ed il caffè fanno soltanto da contorno alle bellissime parole di Teri verso la natura. È tutto magico, sorprendente.

 

Come nasce l’artista Teri Volini e quando comincia la sua missione?

Io sento l’arte come parte del mio patrimonio genetico, e fin da piccola creavo spontaneamente opere in argilla e carbone, poi con colori su carta e cartoncino, ho cominciato ad esporre dagli anni 80. In seguito ho realizzato tutte le mie opere pittoriche con una tecnica particolare: olio e tecnioca mista su carta intelata. È un lavoro minuzioso, richiede molto tempo e impegno, però si ottiene un effetto particolare: sono dei lavori inimitabili, molto originali.

 

C’è un’opera in particolare, che rappresenta qualcosa per te, per la tua tecnica?

Certamente, essa rappresenta l’esaltazione della donna e della natura: la Danza della Corda. La considero un parto spirituale: casualmente ho impiegato nove mesi per realizzarla! Tre fanciulle compenetrate nella natura praticano una danza con il nastro rosso: ho poi scoperto che era un antichissimo rito femminile dell'isola di Creta, tutta una cultura ancestrale cui mi sento molto vicina. E’ evidente l’amore per la natura in cui si inserisce la donna che rappresenta la bellezza, la vita... e poi al pari della terra, essa procrea, dà la vita dal suo stesso corpo e quindi è suo il compito di difendere la terra, la natura.

 

Navigando sul web alla pagina http://www.terivolini.it/ conosciamo la tua storia, le tue opere, le tue mostre ma soprattutto il tuo cambiamento dall’arte classica all’arte coinvolgente. Perché hai lasciato l’arte classica, dove in fondo eri già affermata?

 

Cambiare rotta, lasciare la via del successo per intraprendere un’altra più tortuosa, magari in salita, vuol dire per me nuovi stimoli, la mia missione. Si sente parlare sempre più di offese alla natura, di nquinamento, tragedie derivanti da frane, smottamenti, alluvioni, e nella maggior parte dei casi parliamo di abuso umano, di tante, troppe disattenzioni. Soltanto con l’arte coinvolgente, si può tentare di riattivare la sensibilità anche di persone finora irriguardose nei confronti dell’ambiente.

 

Parlami dell’arte coinvolgente, quali sono le sue espressioni?

Vorrei precisare che si chiama arte coinvolgente perché l’opera non è limitata solo all’artista ma coinvolge l’intera comunità. Per esempio quando ho realizzato la Ragnatela rossa sulle dolomiti lucane, ho coinvolto l’intero paese di Castelmezzano, oltre agli alpinisti del CAI. Trattandosi di forme imponenti, il messaggio da trasmettere alla società è immediato. E’ proprio la dimensione insolita che crea meraviglia, stupore e curiosità nell'osservatore e conseguentemente una maggiore presa di coscienza verso la natura.

 

Ti senti vicina a qualche particolare corrente artistica o a qualche grande nome del passato?

Le mie opere performative rientrano nella Land Art, nella Body Art e nella Public-Art, nuova forma espressiva che esce dai luoghi ufficiali, come Gallerie o Musei ed effettua azioni anche in esterno, in città come in natura o in luoghi alternativi come quelli frequentati da giovani, o comunque in strutture che non sono convenzionali.

Ammiro molto il maestro tedesco Joseph Beuys, il quale negli anni Settanta del Novecento dichiarava che chiunque può essere artista, anche un contadino. Se ogni essere umano che opera nell’ambito di una comunità fa bene il proprio lavoro è un artista.

 

Confermando non solo la priorità della difesa della natura, ma la possibilità e il dovere morale di " un'arte che formi la cultura e la vita" stessa, Beuys sottolinea un modo di fare arte del tutto nuovo, adeguato ai tempi che viviamo; un'arte che possa contribuire ad "un sistema che trasformi tutto l'organismo sociale in un'opera d'arte", che contempli come arte "non solo il fare quadri e sculture, ma tutta la forma sociale".

 

Negli ultimi anni hai lavorato molto con le scolaresche, soprattutto a Potenza. Che cosa si prova a lavorare con i bambini?

 

Se vogliamo un mondo migliore per le future generazioni, dobbiamo seminare adeguatamente nuovi modi di pensare e do agire. I bambini sono ancora terreno vergine, non contaminato dalle cattive abitudini degli adulti. Loro hanno dentro di se la volontà e il piacere di una collaborazione con l’artista, sentono come congeniali il rispetto e l'amore per l'ambiente; affascinandoli con le sue opere, l'artista aumenta la loro sensibilità e li rende portatori attivi di nuovi messaggi e di nuovi comportamenti nella società presente e futura.

 

Nessun commento:

Posta un commento